Marketing inclusivo

Pubblicato il :

24/10/2023

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Apri gli occhi, guardati attorno!

È difficile ottenere dati statistici affidabili, ma secondo quelli più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre un miliardo di persone, nel mondo, convive con una forma di disabilità; di queste, almeno 240 milioni sono minorenni. 

È per questo che in occasione del 3 Dicembre, Giornata Internazionale dei diritti delle persone disabili vogliamo parlare di marketing inclusivo.

Ma cos’è l’Inclusive marketing?

HubSpot lo definisce come lo sviluppo di “campagne che abbracciano la diversità, includendo persone con background diversi o storie a cui possono relazionarsi. Mentre alcune campagne inclusive si sforzano di rompere gli stereotipi, altre mirano semplicemente a rappresentare le persone nel mondo reale”. 

Un paio di anni fa, Microsoft ha condotto un sondaggio, rilevando che il 70% dei giovani si fida maggiormente dei Brand che rappresentano la diversità nelle proprie campagne. 

Nella maggior parte dei casi, la disabilità è assente dalla pubblicità, tranne quando è incentrata su prodotti che curano le disabilità. Raramente le pubblicità mostrano persone disabili nella vita di tutti i giorni, ad esempio mentre lavorano, fanno i genitori, svolgono le faccende domestiche o si divertono.

Tuttavia, per fare inclusive marketing bisogna essere in grado di raccontare e comunicare la diversità in modo reale e autentico, altrimenti si rischia di incappare nel cosiddetto “inspiration porn”. L’espressione, coniata da Stella Young, attivista australiana per i diritti delle persone con disabilità, definisce i contenuti che riprendono le esperienze di persone con disabilità, facendo leva sull’emozione e sul sentimentalismo, allo scopo di ispirare o di motivare le persone non disabili. Contenuti di questo tipo portano spesso a un’oggettivazione delle persone disabili, rendendo ancora più difficile il processo di “normalizzazione” della disabilità.

Anche nel XX secolo, ci accorgiamo che il mondo resta un posto poco accessibile per chi ha corpi non conformi agli standard, ecco perchè nasce la necessità di cambiare prospettiva, Una sfida per i brand e il superamento dei pregiudizi con azioni concrete, consapevoli e credibili, soprattutto non stereotipate ma orientate alla quotidianità. 

Tra gli esempi più brillanti di marketing inclusivo possiamo annoverare la campagna A Tavola con Tutti, lanciata nel 2018 dalla Barilla, il cui obiettivo era quello di mostrare come i prodotti Barilla possono essere utilizzati da tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità.

Da menzionare anche la Ferrero e Zara. Quest’ultima, a maggio 2019, ha scelto per la sua campagna mondiale, Patrick, un bambino con trisomia 21 celebrando la diversità.

LE ETICHETTE SONO PER I VESTITI, NON PER I BAMBINI

Così sulla stessa lunghezza d’onda, l’azienda Tommy Hilfiger ha creato la linea Tommy Adaptive che prevede dell’abbigliamento creato per rispondere ai bisogni dei consumatori con diversi tipi di disabilità. 

Anche l’azienda di abbigliamento Asos ha creato una tuta impermeabile adatta a persone che devono spostarsi sulla sedia a rotelle.

Il mondo del fashion, però, non è l’unico ad aver deciso di collaborare in questo senso: Airbnb, per esempio, ha aggiunto nel 2018 nuovi filtri sulla piattaforma per facilitare la ricerca dell’alloggio perfetto alle persone con disabilità.

Starbucks invece ha creato un negozio pensato per i clienti sordi: Signing Store di Starbucks è il nome del locale aperto a Washington, che, oltre all’allestimento e al merchandising a tema, consente ai clienti di ordinare i prodotti nella Lingua dei Segni Americana (ASL).

Insomma, investire nel marketing inclusivo significa abbattere barriere e tabù culturali su ogni fronte. Dall’abbigliamento al cibo al cinema, come il Disability Film Festival tenutosi a settembre a Torino fino ad arrivare persino alle programmazioni tv.

Imma Pasca
| stagista@empirestudiositalia.it